IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione; Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577; Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 18 luglio 1975, pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto 1975, con il quale l'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.) e' stata riconosciuta quale associazione nazionale di rappresentanza assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, e ne e' stato altresi' approvato il relativo statuto; Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con i quali si attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni ed i compiti gia' di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in materia di cooperazione; Visto il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed in particolare l'articolo 1, comma 12, il quale dispone che la denominazione «Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione «Ministero delle attivita' produttive» in relazione alle funzioni gia' conferite a tale Dicastero; Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto; Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed in particolare il comma 7, in forza del quale il Ministro delle attivita' produttive puo' revocare il riconoscimento alle Associazioni nazionali che non sono in grado di assolvere efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008, n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico; Vista la relazione del Direttore Generale per le piccole medie imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in data 17 luglio 2013, con la quale sono state segnalate perduranti problematiche ed inefficienze nell'attivita' di vigilanza dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative associate, stante il persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto titolato all'effettiva rappresentanza dell'associazione, manifestata dalla nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate, indette di volta in volta da organi oggetto di contestazione, con deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare; Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali nel mese di dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante stato di immobilita' dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza, a seguito del conflitto insorto in seno ai relativi organi statutari, il quale non consentiva un andamento ordinato della gestione amministrativa e associativa, con conseguente mancata approvazione del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo 2010 nonche' delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili per il corretto svolgimento della vita associativa; Viste le risultanze dell'attivita' di vigilanza svolta dal Ministero nei confronti dell'Associazione nell'anno 2011, che ha confermato irregolarita' gestionali consistenti nella mancata approvazione di bilanci, nelle intervenute modifiche statutarie in contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle ricorrenti carenze nella redazione dei verbali di revisione da parte dei revisori incaricati dall'U.N.C.I.; Viste le diffide rivolte all'U.N.C.I. a disporre specifici correttivi nell'organizzazione dell'attivita' revisionale, da attuarsi mediante programmazione e realizzazione di attivita' formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle quali sono pervenute risposte contrastanti dai diversi soggetti che rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto tra di loro, la titolarita' della qualita' di legale rappresentante dell'Associazione; Preso atto della corrispondenza intercorsa con la Prefettura di Roma - Ufficio territoriale del Governo, la quale attesta il perpetuarsi della situazione di forte conflitto, dovuto alle contrapposte richieste di iscrizione, quale rappresentante legale, nel registro prefettizio delle persone giuridiche, da parte di soggetti diversi, legittimati a seguito di successive pronunce, non definitive e non univoche, rese dal Tribunale Civile di Roma. In particolare, nel solo ultimo anno risulta che sulla base di successive assemblee congressuali e di distinti provvedimenti giudiziali la Prefettura di Roma ha proceduto ad iscrivere quale presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale Amico e, da ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna; Vista la nota del Sindacato FE.S.I.C.A., pervenuta in data 13 settembre 2012, con la quale si segnala al Ministero l'assenza di certezze circa l'effettiva titolarita' della rappresentanza legale dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota dello stesso Sindacato del 15 marzo 2013, con la quale si rinnova la richiesta di chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare l'Associazione in giudizio, nel procedimento di opposizione al licenziamento di dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.; Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti rivolte al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso i quali l'U.N.C.I. ha designato propri rappresentanti, circa l'effettivita' della carica di rappresentante legale dell'Associazione medesima, stanti le contrastanti affermazioni provenienti da soggetti che assumono di essere titolati; Preso atto delle numerose pronunce rese dal Tribunale di Roma, dalle quali emerge un insanabile conflitto e la non univoca individuazione del rappresentante legale dell'U.N.C.I. ed in particolare: - ordinanza 27 aprile 2012, la quale rinvia alla inevitabile convocazione dell'assemblea degli associati l'adozione delle decisioni necessarie per risolvere le problematiche verificatesi e ripristinare un regolare sistema amministrativo; - ordinanza collegiale 19 giugno 2012 la quale riconosce la validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona del rappresentante legale p.t. Pasquale Amico; - ordinanza 27 luglio 2012, giudice dott.ssa Buonocore, con la quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico Pasquale, quale neo nominato presidente dell'U.N.C.I. nella disponibilita' della documentazione e dei beni di pertinenza della predetta associazione e di consentire allo stesso il libero accesso alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza; astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge o per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad altro diverso organo dell'Associazione; astenersi dalla spendita della qualita' di presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi"; - ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la quale e' stata rigettata l'istanza di sospensione della delibera congressuale del 24 marzo 2012 che ha eletto il Cav. Amico a Presidente dell'U.N.C.I., confermata con successiva ordinanza collegiale del 6 febbraio 2013; - ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano, che ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli atti prodromici al congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - sentenza n. 16217 dell'11 giugno 2013, depositata in data 22 luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione Civile, ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello del 2000, dichiarando altresi' nulla la deliberazione del Consiglio Generale U.N.C.I. del 23 giugno 2010 con cui venne fissata la convocazione del Congresso nazionale straordinario dell'Associazione ed approvato il relativo regolamento congressuale. Sulla base di detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario del 15 luglio 2013, la Prefettura di Roma ha provveduto ad iscrivere nel registro delle persone giuridiche il signor Mignogna Cosimo quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - ordinanza del Tribunale Civile di Roma, Sezione III, giudice dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con la quale e' stata in via preliminare rilevata l'infondatezza della eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal Cav. Amico, sul presupposto della spettanza a costui della carica di presidente dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012; Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013; Valutate le argomentazioni formulate mediante deposito di documentazione prodotta nel corso della accordata audizione delle parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013; Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con la quale l'Amministrazione ha comunicato la sospensione per trenta giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241 del termine finale del procedimento di revoca; Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione del 3 ottobre 2013, inerente la sospensione del termine finale del procedimento di revoca, in data 18 ottobre 2013 veniva richiesto all'U.N.C.I. un aggiornamento di notizie circa l'attivita' di vigilanza svolta; Preso atto che nel corso del procedimento di verifica dei presupposti per la revoca, il Cav. Amico ha ribadito l'avvenuta assegnazione di 3.403 incarichi di revisione cooperativa nell'anno 2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna ha dichiarato di aver autonomamente disposto l'effettuazione di circa 1.500 revisioni cooperative dietro segnalazione degli uffici regionali dell'Associazione, restando dunque acclarata l'incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione; Ritenuto che la predetta incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita' revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa; Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti hanno reso negli incontri tenuti presso la Direzione generale per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso le quali e' stata ribadita da un lato l'impossibilita' di una soluzione stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione dello sdoppiamento delle strutture sociali ed amministrative, fatti questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e serena gestione del rapporto associativo e revisionale con le cooperative aderenti; Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita' della "governance" associativa ostacola l'efficace svolgimento della attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi associati e le relazioni con i soggetti istituzionali che hanno rapporti con l'U.N.C.I.; Preso atto che a causa della conflittualita' interna sono state fissate due distinte sedi sociali, ubicate in luoghi diversi, con conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e rapporti istituzionali; Considerato che la revoca del riconoscimento costituisce l'unico provvedimento previsto dalla legge come adottabile da parte della Amministrazione, in presenza di presupposti incidenti sullo svolgimento corretto ed efficiente della attivita' revisionale nei confronti delle societa' cooperative aderenti; Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto e di diritto per l'adozione, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del provvedimento di revoca del riconoscimento dell'associazione U.N.C.I., atteso che la medesima Associazione non risulta essere piu' in grado di assolvere efficacemente alle funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati, ad essa demandate; Considerato che il suddetto riconoscimento e' intervenuto con decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, rilevando dunque sia ai fini della legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica; Considerate le sopravvenute modifiche normative (articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto e articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono il riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza; Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche normative, che ha rivestito la duplice inscindibile valenza di legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza e di acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per ogni effetto conseguente allo stesso riconoscimento; Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il quale prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e quelle riconosciute in base a leggi emanate da regioni a statuto speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, i quali possono essere gestiti senza scopo di lucro da societa' per azioni o da associazioni e sono alimentati ed incrementati ai sensi dei commi 4 e 5 del medesimo articolo 11; Considerato che l'U.N.C.I. ha costituito un fondo mutualistico gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A.; Ritenuto di dover disporre circa gli aspetti conseguenziali alla revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.; Decreta Art. 1 1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni effetto il riconoscimento dell'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.), quale associazione nazionale di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577. Art. 2 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, l'U.N.C.I. non e' piu' legittimato a ricevere alcun versamento di cui all'articolo 8 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, a titolo di contributo per l'attivita' revisionale da parte delle cooperative e degli enti mutualistici, quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, all'associazione U.N.C.I. e' fatto divieto di accettare versamenti relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le attivita' revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Art. 3 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, cessa la legittimazione della societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A., che gestisce il fondo mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti e devoluzioni di cui al medesimo articolo 11, commi 4 e 5, rivenienti dalle societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A. e' fatto divieto di accettare versamenti e devoluzioni relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le finalita' di cui al citato articolo 11, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Avverso il presente provvedimento e' ammesso, entro 60 giorni, ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ovvero, entro 120 giorni, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971. Roma, 22 novembre 2013 Il Ministro: Zanonato
martedì 3 dicembre 2013
COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP
pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013
venerdì 23 agosto 2013
IL VERMINAIO DELLE COOPERATIVE
GRAZIE AGLI ISPETTORI DI COOPERATIVE
MINISTERIALI FATTA LUCE SU UNA REALTA' SCONVOLGENTE NEL MONDO
COOPERATIVO TOSCANO. COMPORTAMENTO VERGOGNOSO DA PARTE DEI BURATTINAI
DI UN CERTO “SISTEMA” DI POTERE COOPERATIVO.
PERCHE' I SINDACATI INTERNI DEL
MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO , IN TESTA LA CGIL, VOGLIONO INDEBOLIRE
LA VIGILANZA PUBBLICA SULLE COOPERATIVE ESPELLENDONE GLI ISPETTORI DI
PROVENIENZA MINISTERO DEL LAVORO E AGENZIA DELLE ENTRATE?
PERCHE' LE STESSE FORZE POLITICHE CHE
SI SCANDALIZZANO PER QUESTI AVVENIMENTI NON SI ADOPERANO PER TOGLIERE
ALLE CENTRALI COOPERATIVE LA POSSIBILITA' DI VIGILARE ORDINARIAMENTE
(OGNI 1-2 ANNI) LE LORO STESSE COOPERATIVE ADERENTI? AFFIDANDO TUTTA
LA VIGILANZA SOLO ALLO STATO?
PERCHE' , LAGGIU' IN TOSCANA, LA PARTE
DEL MINISTERO DEL LAVORO CHE SI OCCUPA DI ISPEZIONI SUL LAVORO NON SI
ERA IN QUESTI ANNI ACCORTA DI NULLA?
ALCOOP-AGL
lavoratori cooperative
ALP-AGL
ispettori di cooperative
ALAI-AGL
lavoratori agroindustria
AGL
Toscana
I seguenti articoli sono tratti dai
citati organi di stampa.
Forteto, esito della relazione degli ispettori
«Sulla cooperativa del Forteto, dagli ispettori ministeriali si
rileva una valutazione affine a quella cui siamo giunti con la
relazione della Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale
tra lesione arbitraria dei diritti di alcuni soci-lavoratori,
disparità di trattamento, firme inconsapevoli su operazioni
finanziarie, negazione dell’accesso a buste paga e Cud. E i
vertici del Pd, così come un pezzo del sistema-Toscana, si ostinano
nelle difese ideologiche e d’ufficio tacciando chi cerca di
basarsi sui fatti, di fare chiarezza sulla tragica vicenda e quindi
di chiedere giustizia di strumentalizzare la vicenda? Ma con che
faccia?» A esplodere così è il Consigliere regionale del Pdl
Stefano Mugnai che ha presieduto la Commissione regionale
d’inchiesta sugli affidamenti che aveva proprio le vicende del
Forteto come cartina di tornasole.
Mugnai ha appena letto le conclusioni, ormai rese pubbliche, cui sono giunti gli ispettori e beh, di rilievi sostanziali e importanti a far da presupposto alla richiesta di commissariamento ce ne sono eccome. Invece, solo pochi giorni fa, dal Pd il segretario regionale Ivan Ferruci e quello metropolitano Patrizio Mecacci – che a differenza di parte dei soci aveva potuto leggere nei giorni scorsi la relazione – avevano enfatizzato il passaggio in cui il Forteto viene definito dagli 007 del ministero «solida e fiorente realtà imprenditoriale». Non era che il rigo numero 13 di conclusioni lunghe sei pagine. A pagina 2 iniziano i guai, con gli ispettori che premettono alle loro analisi il «legame imprescindibile» tra cooperativa, associazione e una «comunità ispirata a proprie regole e principi». Il rapporto interno alla cooperativa, rilevano gli ispettori che, nei loro quattro mesi di investigazione, hanno interrogato 18 soci persone fisiche più 1 ex socio, «è sempre stato sostanzialmente basato su incondizionata “fiducia” per arrivare addirittura a una sorta di “affidamento acritico” dei soci nei confronti degli amministratori».
«Tradotto – incalza Mugnai – affidamento acritico nei confronti dei capi della comunità-setta. Quelli che ora sono a processo. Sì perché su un punto va fatta chiarezza: per i vertici della comunità il vero fine è la comunità-setta stessa, la cooperativa è un bene strumentale dal cui controllo discende la possibilità per il sistema Forteto di superare anche questo ulteriore triste capitolo. Motivo in più per considerare il commissariamento e quindi la necessità di scindere il futuro della cooperativa da quello della comunità, il modo più efficace, oltre che giusto, per tutelare azienda e posti di lavoro».
«L’organo amministrativo – si legge poi ancora nella relazione ministeriale – non sembra abbia messo a conoscenza i soci lavoratori (o lo abbia fatto in maniera marginale e superficiale) del contratto di lavoro […] e, cosa assai grave, sembra che alcuni soci abbiano inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari». Ancora: «I soci lavoratori, indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte, sono tutti inquadrati con lo stesso contratto e in unico livello contributivo», con violazioni giuslavoristi che per le quali gli ispettori si riservano di inviare gli atti agli organi competenti. C’è dell’altro: «L’ente – si legge già a pagina 3 – nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga, del Cud e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Per non parlare dello scossone seguito alle denunce di natura penale fatte da alcuni soci, i cui contenuti sono oggetto del processo a carico di 23 persone ai vertici del Forteto – compreso il fondatore e ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli – che inizierà il prossimo 4 ottobre. «Emerge con chiarezza – si legge a pagina 4 – un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci usciti dalla comunità [… che …] appare gratuito e comunque non riconducibile o giustificabile da irregolarità o comportamenti scorretti del socio nell’ambito del normale rapporto associativo o professionale».
Riassumendo, si rileva la «tendenza a confondere le regole ed i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario», il che pare aver «condotto gli stessi soci a ritenere “normali” atteggiamenti particolarmente “interferenti” dell’organo amministrativo».
Mugnai è tranchant: «Si tratta delle medesime dinamiche rilevate dalla Commissione regionale d’inchiesta, solo proiettate nell’universo lavorativo. I vertici del Pd comunque su una cosa hanno fatto definitiva chiarezza: il legame a filo che lega il loro partito e la storia del Forteto. Un legame che, evidentemente, è più forte delle sentenze passate in giudicato e di quanto già emerso in questi ultimi mesi; più forte anche della difesa dei diritti fondamentali delle persone e dei lavoratori, della ricerca della verità e dell’esigenza di giustizia delle vittime. Ma è l’ora di finirla, di levarsi i paraocchi. In questa vicenda occorre che tutte le persone di buona volontà, a prescindere dall’appartenenza politica, si mettano dalla parte delle vittime e dei loro diritti calpestati dopo che per trent’anni il Forteto, malgrado fior di sentenze passate in giudicato a carico dei suoi leader, ha rappresentato un punto di riferimento culturale e politico per un pezzo di Toscana. Non dico che sia facile rinunciare a un’utopia, ma le persone ed i loro diritti sono più importanti delle ideologie. Oggi è assolutamente necessario aprire gli occhi».
Mugnai ha appena letto le conclusioni, ormai rese pubbliche, cui sono giunti gli ispettori e beh, di rilievi sostanziali e importanti a far da presupposto alla richiesta di commissariamento ce ne sono eccome. Invece, solo pochi giorni fa, dal Pd il segretario regionale Ivan Ferruci e quello metropolitano Patrizio Mecacci – che a differenza di parte dei soci aveva potuto leggere nei giorni scorsi la relazione – avevano enfatizzato il passaggio in cui il Forteto viene definito dagli 007 del ministero «solida e fiorente realtà imprenditoriale». Non era che il rigo numero 13 di conclusioni lunghe sei pagine. A pagina 2 iniziano i guai, con gli ispettori che premettono alle loro analisi il «legame imprescindibile» tra cooperativa, associazione e una «comunità ispirata a proprie regole e principi». Il rapporto interno alla cooperativa, rilevano gli ispettori che, nei loro quattro mesi di investigazione, hanno interrogato 18 soci persone fisiche più 1 ex socio, «è sempre stato sostanzialmente basato su incondizionata “fiducia” per arrivare addirittura a una sorta di “affidamento acritico” dei soci nei confronti degli amministratori».
«Tradotto – incalza Mugnai – affidamento acritico nei confronti dei capi della comunità-setta. Quelli che ora sono a processo. Sì perché su un punto va fatta chiarezza: per i vertici della comunità il vero fine è la comunità-setta stessa, la cooperativa è un bene strumentale dal cui controllo discende la possibilità per il sistema Forteto di superare anche questo ulteriore triste capitolo. Motivo in più per considerare il commissariamento e quindi la necessità di scindere il futuro della cooperativa da quello della comunità, il modo più efficace, oltre che giusto, per tutelare azienda e posti di lavoro».
«L’organo amministrativo – si legge poi ancora nella relazione ministeriale – non sembra abbia messo a conoscenza i soci lavoratori (o lo abbia fatto in maniera marginale e superficiale) del contratto di lavoro […] e, cosa assai grave, sembra che alcuni soci abbiano inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari». Ancora: «I soci lavoratori, indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte, sono tutti inquadrati con lo stesso contratto e in unico livello contributivo», con violazioni giuslavoristi che per le quali gli ispettori si riservano di inviare gli atti agli organi competenti. C’è dell’altro: «L’ente – si legge già a pagina 3 – nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga, del Cud e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Per non parlare dello scossone seguito alle denunce di natura penale fatte da alcuni soci, i cui contenuti sono oggetto del processo a carico di 23 persone ai vertici del Forteto – compreso il fondatore e ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli – che inizierà il prossimo 4 ottobre. «Emerge con chiarezza – si legge a pagina 4 – un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci usciti dalla comunità [… che …] appare gratuito e comunque non riconducibile o giustificabile da irregolarità o comportamenti scorretti del socio nell’ambito del normale rapporto associativo o professionale».
Riassumendo, si rileva la «tendenza a confondere le regole ed i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario», il che pare aver «condotto gli stessi soci a ritenere “normali” atteggiamenti particolarmente “interferenti” dell’organo amministrativo».
Mugnai è tranchant: «Si tratta delle medesime dinamiche rilevate dalla Commissione regionale d’inchiesta, solo proiettate nell’universo lavorativo. I vertici del Pd comunque su una cosa hanno fatto definitiva chiarezza: il legame a filo che lega il loro partito e la storia del Forteto. Un legame che, evidentemente, è più forte delle sentenze passate in giudicato e di quanto già emerso in questi ultimi mesi; più forte anche della difesa dei diritti fondamentali delle persone e dei lavoratori, della ricerca della verità e dell’esigenza di giustizia delle vittime. Ma è l’ora di finirla, di levarsi i paraocchi. In questa vicenda occorre che tutte le persone di buona volontà, a prescindere dall’appartenenza politica, si mettano dalla parte delle vittime e dei loro diritti calpestati dopo che per trent’anni il Forteto, malgrado fior di sentenze passate in giudicato a carico dei suoi leader, ha rappresentato un punto di riferimento culturale e politico per un pezzo di Toscana. Non dico che sia facile rinunciare a un’utopia, ma le persone ed i loro diritti sono più importanti delle ideologie. Oggi è assolutamente necessario aprire gli occhi».
l documento
Forteto, ecco l'atto d'accusa
contro la
cooperativa
Secondo gli ispettori del ministero non venivano consegnate le buste paga ai soci, nè pagati straordinari e festivi
Ecco l’atto di accusa contro la cooperativa Il Forteto: sono
le sei pagine con cui i due ispettori del ministero dello Sviluppo
Economico, Lorenzo Agostini e Fabio Fibbi, riassumono le anomalie
riscontrate nell’azienda vicchiese, che a loro avviso deve essere
commissariata. Accuse dure, pesanti, che partono dalle commistioni
tra la comunità di Rodolfo Fiesoli e la cooperativa, descrivono le
discriminazione verso i soci disobbedienti, individuano varie
irregolarità amministrative e finiscono per censurare il regime di
affidi di minori messo in atto dalla cooperativa.
Il documento sarà discusso oggi durante l’assemblea dei soci che si terrà al Forteto, prima che il ministero dello Sviluppo Economico decida se ratificare o meno il commissariamento. Al Forteto, scrivono Agostini e Fibbi, tra cooperativa e comunità c’è «un legame imprescindibile» e la «tendenza a confondere le regole e i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa». Così, tutto è delegato ai capi e i soci vengono lasciati all’oscuro persino dei propri diritti. «Emblematica, a questo proposito, l’inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo».
Gli ispettori affermano poi che «l’ente nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga dei CUD e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Emerge, inoltre, «una sostanziale ignoranza dell’istituto del ristorno (la ridistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa, ndr), distribuito normalmente al termine di ogni esercizio ai soci lavoratori». Ampio spazio viene dato nella relazione alla discriminazione dei soci fuggiti dalla comunità, ma rimasti a lavorare in cooperativa. «Emerge con chiarezza un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci che sono usciti dalla “comunità”», affermano gli ispettori, citando casi di demansionamenti e persino la storia di un ex socio che ha testimoniato di aver dovuto lasciare la cooperativa contro la propria volontà, dopo essere stato costretto in «una sorta di isolamento». Agostini e Fibbi spiegano poi che la cooperativa «non appare dotata di strumenti normativi (…)che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali “ospiti” disadattati e/o minori», in riferimento al fatto che alcuni minori, in passato, non erano stati formalmente affidati a delle coppie, ma alla cooperativa stessa, senza che questa però avesse previsto norme e regolamenti interni ad hoc.
Per tutte queste ragioni, i due ispettori chiedono il commissariamento della cooperativa, perché «detto provvedimento, oltre a sanare almeno alcune delle irregolarità rilevate nel corso dell’ispezione, appare necessario al fine di un ricollocamento dell’ente nell’ambito della propria attività e del proprio scopo». Oggi, durante l’assemblea, il Cda del Forteto esporrà le controdeduzioni da presentare al ministero per sventare l’ipotesi del commissario. Ma ci sarà anche un gruppo di «soci dissidenti», con ogni probabilità minoritario, che presenterà un documento elaborato dal comitato delle vittime del Forteto, dove si afferma la necessità del commissariamento, dopo anni di «innumerevoli soprusi»: «Confidiamo – recita il testo – che la giustizia cominci ad affermarsi anche in ambito civilistico, societario, previdenziale e del lavoro, a fronte delle pluriennali violazioni dei diritti in danno dei soci e dei lavoratori».
Giulio Gori
23 agosto 2013
Il documento sarà discusso oggi durante l’assemblea dei soci che si terrà al Forteto, prima che il ministero dello Sviluppo Economico decida se ratificare o meno il commissariamento. Al Forteto, scrivono Agostini e Fibbi, tra cooperativa e comunità c’è «un legame imprescindibile» e la «tendenza a confondere le regole e i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa». Così, tutto è delegato ai capi e i soci vengono lasciati all’oscuro persino dei propri diritti. «Emblematica, a questo proposito, l’inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo».
Gli ispettori affermano poi che «l’ente nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga dei CUD e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Emerge, inoltre, «una sostanziale ignoranza dell’istituto del ristorno (la ridistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa, ndr), distribuito normalmente al termine di ogni esercizio ai soci lavoratori». Ampio spazio viene dato nella relazione alla discriminazione dei soci fuggiti dalla comunità, ma rimasti a lavorare in cooperativa. «Emerge con chiarezza un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci che sono usciti dalla “comunità”», affermano gli ispettori, citando casi di demansionamenti e persino la storia di un ex socio che ha testimoniato di aver dovuto lasciare la cooperativa contro la propria volontà, dopo essere stato costretto in «una sorta di isolamento». Agostini e Fibbi spiegano poi che la cooperativa «non appare dotata di strumenti normativi (…)che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali “ospiti” disadattati e/o minori», in riferimento al fatto che alcuni minori, in passato, non erano stati formalmente affidati a delle coppie, ma alla cooperativa stessa, senza che questa però avesse previsto norme e regolamenti interni ad hoc.
Per tutte queste ragioni, i due ispettori chiedono il commissariamento della cooperativa, perché «detto provvedimento, oltre a sanare almeno alcune delle irregolarità rilevate nel corso dell’ispezione, appare necessario al fine di un ricollocamento dell’ente nell’ambito della propria attività e del proprio scopo». Oggi, durante l’assemblea, il Cda del Forteto esporrà le controdeduzioni da presentare al ministero per sventare l’ipotesi del commissario. Ma ci sarà anche un gruppo di «soci dissidenti», con ogni probabilità minoritario, che presenterà un documento elaborato dal comitato delle vittime del Forteto, dove si afferma la necessità del commissariamento, dopo anni di «innumerevoli soprusi»: «Confidiamo – recita il testo – che la giustizia cominci ad affermarsi anche in ambito civilistico, societario, previdenziale e del lavoro, a fronte delle pluriennali violazioni dei diritti in danno dei soci e dei lavoratori».
Giulio Gori
23 agosto 2013
Forteto: Pd, Coop e cooperative contro il commissariamento ministeriale
Per gli ispettori del ministero dello Sviluppo economico l'azienda di Vicchio va commissariata. Concorde il centrodestra, non il Pd: "Strumentalizzazioni politiche che troviamo inopportune e controproducenti"
redazione20 agosto 2013
Dopo gli abusi, gli scandali, le deposizioni, gli
orrori, passando per le minacce e le richieste di lavoro, al Forteto
sono è arrivata l’ispezione del ministero dello Sviluppo
economico. E la sentenza degli ispettori, inviati lo scorso
aprile, su richiesta del Consiglio regionale toscano, si è ben
presto trasformato nell’ennesimo caso: gli ispettori hanno chiesto
il commissariamento della cooperativa di Vicchio.
La stessa richiesta di commissariamento era stata
avanzata nei mesi scorsi nella relazione finale commissione di
inchiesta sulla vicenda Forteto del Consiglio regionale, poi
approvata dall’intera Assemblea toscana. La cooperativa così ha
deciso di convocare un’assemblea straordinaria dei soci per
analizzare il contenuto della relazione e approvare delle
controdeduzioni da inviare al Ministero che dovrà esprimersi sul
commissariamento. La vicenda Forteto vede il fondatore e ‘guru’
della comunità di Vicchio, Rodolfo Fiesoli, e altre 22
persone, rinviati a giudizio nell’inchiesta sulle violenze
sessuali e maltrattamenti, che sarebbero stati inflitti agli
ospiti della comunità, tra cui minori in affido. Il processo è
convocato il 4 ottobre e tra le parti civili ammesse
figurano anche il Comune di Borgo San Lorenzo e la Regione Toscana.
A caldo, il presidente della cooperativa Stefano
Morozzi, aveva dichiarato: “Non abbiamo niente da
nascondere e non abbiamo niente da temere. I rilievi
espressi dagli ispettori saranno esaminati approfonditamente e
sicuramente risolti dal nuovo Cda della cooperativa. Si tratta di
rilevi che non giustificano una proposta di commissariamento e
nemmeno una semplice diffida”. Tra questi la decisione della
cooperativa di applicare a tutti i soci lavoratori lo stesso salario,
al pari degli altri dipendenti. Per Morozzi “una proposta di tale
gravità deve fondarsi su precise rilevazioni oggettive di gravissime
violazioni, e non può in alcun modo far semplicemente riferimento ad
un generico ‘clima pesante’, che graverebbe attorno alla
cooperativa per gli avvenimenti attribuiti a persone non più socie”.
FORTETO: ABUSO COME PRASSI, MINORI COME PREDE
Di diverso parere Stefano Mugnai del Pdl,
presidente della commissione di inchiesta del Consiglio regionale:
“E’ una richiesta più che plausibile alla luce
di quanto appreso in commissione. Un po’ alla volta verrà fatta
giustizia su una storia trentennale di abusi, di coperture politiche,
di regole non rispettate. Una storia che ancora deve essere
raccontata fino in fondo”.
IL COMITATO DELLE VITTIME CHIEDE IL COMMISSARIAMENTO
IL NO DI LEGACOOP E CONFCOOPERATIVE
– “Non comprensibile né giustificata la proposta di
commissariamento del Forteto”: così Legacoop e Confcooperative
all’indomani del vedetto ministeriale. “Occorre tutelare il
patrimonio industriale e di lavoro di un’importante realtà
agricola e produttiva toscana. I rilievi posti sono di natura
amministrativa e di scarsa entità, e possono essere affrontati e
gestiti serenamente dall’attuale gruppo dirigente, che è utile
ricordare ha segnato un importante elemento di discontinuità
rispetto al passato”.
FIESOLI RINVIATO A GIUDIZIO
PD – Ed infine, ieri, sul caso si
è espresso il Partito democratico toscano: l’auspicio, hanno
sottolineato i segretari regionale, metropolitano fiorentino e
mugellano del Pd Ivan Ferrucci, Patrizio Mecacci e Marco
Recati, è che il commissariamento “possa
essere evitato e che i rilievi posti dagli ispettori possano
trovare soluzioni mantenendo l’attuale gestione anche perché'
contemporaneamente sono stati messi in luce molti aspetti sulla
solidità dell’attività della cooperativa. Dopo la proposta di
commissariamento del Forteto – hanno continuato gli esponenti del
Pd – abbiamo assistito a nuove strumentalizzazioni
politiche del centrodestra che troviamo inopportune e
controproducenti perché è una questione che riguarda, è bene
ricordarlo, una realtà produttiva importante del nostro territorio,
il cui futuro dunque dovrebbe interessare tutti senza distinzioni di
appartenenza. La cooperativa del Forteto, tra l’altro, ha fatto
scelte importanti riguardanti i propri vertici, muovendosi secondo
noi in una giusta direzione”.
venerdì 17 maggio 2013
SOSPENSIONE MA NON SOPPRESSIONE DELL'IMU: JUST AN ILLUSION
L'AGL valuta come pasticciata e
inefficace la sospensione dell'IMU. Noi eravamo (e siamo) per
l'eliminazione e la restituzione della stessa. Contrariamente a
quanto affermato da tanti ideologhi schierati, riteniamo che le
imposte non debbano avere valenza punitiva (penalizzare in maniera
fine a se stessa le ricchezze accumulate) ma essere modulate in
maniera da creare la combinazione più credibile affinchè alla fine
della fiera, il risultato sia maggior reddito prodotto e ricchezza
generata.
Chi sono in Italia i proprietari di
quegli immobili di recente sommersi fino al collo dall'IMU?
Fondamentalmente dei risparmiatori (perchè il canale fondamentale
del risparmio in Italia è (era?) l'investimento immobiliare).E e
quindi, per lo più, lavoratori. Per di più indebitati per i mutui
contratti. Quindi cornuti e mazziati. Analoghe perplessità abbiamo
sempre avuto per altri due totem spesso evocati sempre dalla stessa
corrente di pensiero. Le tasse sulle transazioni finanziarie e quelle
sul lusso. Riflettiamoci bene: non cancellano le ingiustizie ma
tagliano le gambe a settori che creano lavoro e reddito, dirottando
altrove denaro e investimenti. E creando quindi le condizioni per
maggiore disoccupazione, alla lunga e bassi stipendi nel breve. E
quando si dice che queste risorse andrebbero a finanziare servizi
essenziali, si mente sapendo di mentire. Perchè tutti sappiamo che
il grosso di esse (anche nei Comuni, indipendentemente dal loro
colore politico) va a alimentare la macchina burocratica, le
consulenze concesse a amici degli amici e gli appalti inutili. Le
famiglie e i più deboli abbandonati sono e tali continueranno ad
essere. Non è possibile che nelle Amministrazioni pubbliche si
pratichi costantemente la politica dei due tempi: prima i soldi (da
divorare) poi riforme, razionalizzazione, dimagrimento,
riorganizzazione (mai visti). E' un gigantesco imbroglio che solo una
minoranza degli italiani, per il momento è riuscita a cogliere e a
trasformare in controproposta politica. Il risparmio va agevolato,
non disincentivato (ci risulta che paesi più evoluti del nostro
stiano facendo proprio il contrario del governissimo) E poi una
domanda: se voi foste tra i proprietari di immobili interessati, come
reagireste a questo salto nel buio della sospensione (e non della
soppressione) dell'IMU? Avreste le idee più o meno chiare sulle
vostre prospettive di risparmio, sul destino dei vostri soldi,
sull'opportunità o meno di consumare di più? Vogliamo dire che,
agendo in tal maniera, il governo non ha messo di fatto più saldi
nelle tasche degli italiani , da dirottare in più consumi, ma ha
congelato a tempo indeterminato e incerto quelli che pensiamo siano
ancora soldi nella nostra disponibilità. E soprattutto non ci ha
rassicurato su che fine farà il risparmio in immobili. Come faremo a
stupirci se a breve constateremo fenomeni evasivi tesi a salvare il
salvabile da parte del contribuente-risparmiatore?
martedì 16 aprile 2013
MA TU VULIVE 'A PIZZA
domenica 17 marzo 2013
ECONOMIA: SAPER DISTINGUERE TRA FALSE E VERE SOLUZIONI
Concordiamo con chi osserva che la pur
vituperata cura Monti stia producendo, a confronto con altri paesi,
pure indebitati meno di noi, un miglioramento relativo della nostra
situazione, facendo riferimento al tasso di crescita del debito, al
debito aggregato, alla solidità patrimoniale e all'avanzo primario.
E ci richiama al rischio che una minore crescita del debito, però,
possa condurci ad una maggiore recessione. Pure sul fatto che la
maggiore pressione fiscale porti a minore competitività e minori
consumi. I dati della nostra industria manifatturiera, della
meccanica, dell'agricoltura, rapportati a quelli della concorrenza
internazionale, sarebbero confortanti se non fosse per il crollo del
nostro mercato interno e per lo svantaggio fiscale comparato delle
nostre aziende. La soluzione potrebbe essere quella di forzare i
vincoli europei accelerando i pagamenti alle imprese dei debiti della
PA e frenare la pressione fiscale. Ma quest'ultima , se attuata,
comprometterebbe, riducendo il gettito, la possibilità, per lo
Stato, così come organizzato (male) di effettuare i primi. Ecco
perchè riteniamo che le vere soluzioni siano due: riorganizzare da
zero la Pubblica Amministrazione perchè è solo lì che possono
aversi veri risparmi e combattere e vincere la guerra contro il
credit crunch iniziando, come Stato, a minacciare di esproprio e
nazionalizzazione le imprese bancarie che perseverassero in questa
condotta restrittiva del prestito alle imprese e alle famiglie. E'
questa la vera, ultima battaglia, da vincere per riappropriarci del
nostro destino. Più urgente della riforma elettorale (che non
faranno), della riduzione dei costi della politica (importante per il
segnale, non per le quantità) e dell'inseguimento di fantasmi
analoghi.
La discriminante vera dello scenario
politico nell'immediato futuro sarà tra chi vorrà veramente
combattere questa guerra nello Stato e nelle Banche e chi non avrà
interesse a farlo, resistendo passivamente e in maniera
opportunistica ed attendista. Il contesto potrà essere di ripresa
dalla crisi o , come si mormora, di fallimento e rovina, ma questo
non è prevalentemente nelle nostre mani. La battaglia interna,
invece, si.
domenica 10 marzo 2013
EMERGENZA SANITARIA PER I PRODOTTI ALIMENTARI: ATTENZIONE ALLA CONTRAFFAZIONE (ANCHE DEI NOSTRI CERVELLI)
Tutti abbiamo seguito il succedersi di
notizie inquietanti emerse per l'essenziale opera di controllo svolta
dai NAS dei Carabinieri, che non finiremo mai di ringraziare. Ci
auguriamo che l'allarme sociale che si sta diffondendo non si spenga
magari per il sopraggiungere di eventi di più alta risonanza
nell'ambito della cronaca nera ma produca una buona volta dei
cambiamenti concreti. Innanzitutto: non è più possibile che dei
criminali che avariano e mettono in commercio cibo pericoloso se la
cavino con semplici sanzioni amministrative. Occorre che sia la
giustizia penale ad occuparsene, con pene severissime e certe
nell'esecuzione. E poi, in caso di flagranza, occorre immediatamente
che vengano resi pubblici nomi, cognomi, marchi e ditte coinvolte.
Solo così nelle aziende private verrebbe elevato ai massimi livelli
il sistema dei controlli interni. Ma non basta, perchè altrimenti,
come sempre avviene in Italia, sarebbero solo i lavoratori del
settore a pagare. Occorre che gli imprenditori che si macchino di
comportamenti così gravi abbiano il patrimonio sequestrato e siano
espulsi dal settore, non potendosi più occupare da quel momento di
settore alimentare. E poi diciamoci la verità: ognuno di noi sa che
questo sistema di etichettatura è fallito. Pensare di poter scoprire
il pericolo attraverso la lettura dell'etichetta è come immaginare
che i criminali vadano in giro auto etichettandosi come tali. E'
ovvio che il contenuto , se non a norma, sarà sempre collegato a
etichette fasulle, indipendentemente dall'Europa, le cui
multinazionali purtroppo hanno nel settore precisi interessi che le
stesse sanno ottimamente tutelare. Sul controllo ex post siamo
tranquilli. I NAS sanno come intervenire. Ciò che preoccupa è la
prevenzione da parte dei consumatori, dei lavoratori e delle imprese
oneste. Occorre adottare misure straordinarie come ad esempio,
l'illicenziabilità, la protezione e premi in denaro a quei
lavoratori che nel processo produttivo vengano a conoscenza di
illeciti nella preparazione degli alimenti e abbiano paura a
denunciarli. E' inutile parlare di rapporto di fiducia tra chi vende
e chi compra. I supermercati hanno una ragion d'essere oggettiva
nella efficienza e nella convenienza ma sono delle SpA e quindi
impersonali. Il vecchio generi alimentari ormai svolge un ruolo di
nicchia, servendo solo chi se lo può permettere, dati i prezzi.E'
vero, la crisi economica ha indotto un abbassamento dei consumi a
livello bellico e questo provoca una guerra sui prezzi. Ma la
soluzione non è quella di demonizzare chi pratica un prezzo più
basso (attenzione, sono gli stessi supermercati a farlo, vendendo
prodotti con la loro etichetta) ma semmai costringere chi pratica
tali prezzi stracciati a oneri informativi maggiori, anche oltre
l'etichetta (pensiamo a quanto già fa una nota rete di fast food Usa
presente massicciamente in Italia) . Un'altra misura importante
sarebbe quella della partecipazione di tutti i consumatori a un opera
informativa diffusa e in rete (meglio se organizzata e gestita dagli
stessi NAS) su ogni anomalia registrata in sede di acquisto. Quante
volte abbiamo acquistato un prodotto apparentemente di marca e sicuro
e abbiamo accusato dei disturbi, anche se lievi? Così come si è
educato alla raccolta differenziata, abituiamo la gente alla denuncia
diffusa di tutto quanto è anomalo, facendo conservare le confezioni
sospette. Non illudiamoci. Finchè ci sarà la crisi comunque il
consumatore sarà propenso a comprare il cibo a un prezzo minore
rischiando.E poi, così come in azienda esiste un responsabile della
sicurezza sul lavoro che risponde di quanto accada, esiste, nelle
aziende alimentari, una persona fisica , con nome e cognome,
responsabile della genuinità degli alimenti e a cui siano dati i
poteri di controllo tali da poter svolgere effettivamente il proprio
compito?E che sia immediatamente interpellabile dai Carabinieri e
dalla Magistratura?
Altro che le sciocchezze relative al
comprare solo italiano o a fidarsi dell'etichettatura, della data di
scadenza, della provenienza, del luogo di confezionamento o del
marchio dop e igp. E' una vergogna che, in una occasione in cui si
parla della vita umana, delle aziende o delle associazioni datoriali
non trovino di meglio che farsi una pubblicità occulta: un vero e
proprio sciacallaggio.
Passando dal piano dei consumi a quello
politico, è evidente che molto debba essere rivisto relativamente a
quanto i governi fanno a favore del settore agroalimentare e di
quello agricolo, di cui ben conosciamo la potenzialità occupazionale
e nell'export. Non vorremmo però che una classe imprenditoriale
italiana incapace a tenere il passo con il nuovo e desiderosa di non
affrontare questioni che attengono alla condizione dei lavoratori, ci
trascinasse in una assurda guerra su base europea, facendoci credere
che dietro tutti i problemi del settore vi sia solo una volontà di
annessione e conquista da parte delle potenze europee del settore e
non invece una inadeguatezza e una selezione naturale tra aziende e
sistemi paese che nello stesso continente hanno differenti capacità
di competere. Lotta alla contraffazione alimentare quindi ma anche
allo sfruttamento dei lavoratori italiani e immigrati, ai bassi
salari e alla mistificazioni del mondo dell'informazione indotte dal
vecchio capitalismo agrario italico e dai suoi servi politici e
sindacali.
domenica 17 febbraio 2013
COSA C'E' DIETRO ALLA POLEMICA SUL “MADE IN ITALY”?
Negli ultimi anni è accaduto che molti
mercati italiani siano stati assaltati da oggetti fabbricati
apparentemente fuori dal nostro Paese. Gli italiani li hanno
osservati, li hanno comprati, provati e spesso continuano a
comprarli. Perchè quasi sempre sono prodotti di qualità pari o
superiore a quelli made in Italy e, particolare non trascurabile,
costano di meno. Spesso questi bassi costi sono possibili per il
costo del lavoro che notoriamente in Italia è più alto che altrove
(come faremmo infatti se non mantenessimo la nostra cara
burocrazia?). Le aziende italiane (imprenditori e lavoratori) sono da
allora in difficoltà. Indubbiamente gli effetti per l'economia
italiana sono negativi. Vi sono riflessi sul destino di imprese che
devono chiudere e sul mantenimento della relativa occupazione. Dove
qualcuno ci perde, qualcun altro ci guadagna: il consumatore può
acquistare oggetti d'uso a un prezzo più favorevole, venditori
stranieri in Italia più o meno clandestini hanno la possibilità di
sbarcare il lunario e prosperano gli affari di quegli italiani che
forniscono queste merci prodotte all'estero (o in Italia a condizioni
da Terzo Mondo) ai venditori stessi.Nella misura in cui certa
criminalità organizzata controlla questi traffici, è ovvio che vi
sia una sua compartecipazione ai profitti. Chi lavora nelle fabbriche
di questi oggetti vive una realtà double-face : da una parte è
sfruttato e sottopagato, rispetto agli standard occidentali.
Dall'altra ha compiuto un passo avanti sulla strada dell'uscita dalla
fame e dalla povertà, perchè, anche se è triste dirlo, avere un
lavoro e una magra retreibuzione è sempre meglio che non averlo. Chi
si scandalizza per queste affermazioni evidentemente non ha mai
provato effettivamente la fame, la povertà, la
disperazione.Sottolineamo il particolare che vorremmo non sfuggisse.
Non sempre e non più la produzione avviene all'estero ma ciò si
verifica anche in Italia. Chi impedisce di farlo? Nessuno, quasi,
poiché i controlli non vengono fatti da alcuno, se non , nei limiti
del possibile, dalle forze dell'ordine, che non finiremo mai di
ringraziare. Sull'operato del resto della PA è meglio che stendiamo
un velo pietoso (non certo per colpa degli addetti ma
dell'organizzazione che nel pubblico colpisce e penalizza chi
vorrebbe lavorare).
Per gestire questa situazione da anni
c'è un intenso impegno degli organismi europei e una attività
costante delle associazioni imprenditoriali. In verità senza molti
risultati. Lo sviluppo , un certo tipo di sviluppo, sia produttivo
che commerciale, non lo puoi bloccare con i cartellini, così come è
inarrestabile il fenomeno migratorio con impronte digitali o flussi o
permessi di soggiorno dati col contagocce.
Ci dispiace per gli imprenditori delusi
ma spesso i tarocchi sono quelli prodotti dalle loro italianissime
fabbriche (per lucrare sul costo dei materiali) e non da quelle dei
poveri sfruttati. Dimenticano poi un particolare: che il consumatore
(ma il mondo potremmo dire) è stanco di sopportare il costo
derivante dal mantenimento di privilegi da parte del commercio
vecchio tipo. Stiano tranquilli che se saranno in grado in futuro di
fabbricare prodotti di valore a un prezzo giusto la gente li
acquisterà senza andare a vedere il cartellino. E crediamo che la
stessa cosa già faccia, per risparmiare, il commerciante che un
minuto prima si è lamentato delle chincaglierie cinesi. Così come
sua moglie, quando va a fare la spesa. Ciò sempre che si scelga di
vivere in una società libera, anche commercialmente. Avete voluto il
capitalismo? Bene, lo stesso prevede che quando uno non sia più
capace di fare un mestiere, lo cambi. Avete voluto una società
liberale, con regole da rispettare per una migliore convivenza? Avete
sempre rispettato queste regole?No? La stessa cosa la stanno facendo
ora altri abitanti dell'Italia e altri Paesi. Adesso, speriamo,
capirete come è fastidioso vivere in un posto dove ognuno, come voi
da tanto tempo, fa un po' quello che gli pare! Certo noi non possiamo
pagare un paio di scarpe il triplo solo perchè voi possiate
mantenere le vostre ville, amanti e macchinone. Quindi andate a
produrre in Cina e andate a fare concorrenza ai cinesi, se ci
riuscite. Prima o poi verranno in Italia imprenditori e commercianti
stranieri più bravi di voi che (senza aiutini) sapranno mettere a
frutto quello che nessun Paese al mondo ha: i mestieri e le abilità
di tanti lavoratori italiani.
I RAPPORTI CON L'EUROPA E I VERI INTERESSI DEI LAVORATORI ITALIANI
In campagna elettorale è uno dei tempi
più trattati: quello dei rapporti dell'Italia con la Merkel e con
l'Europa (da essa , sembra, di fatto, egemonizzata) con la Francia
(che bene o male, come suo solito, riesce a darsi una chiave per
gestire i propri interessi) con gli USA (da noi italiani criticati
ma, probabilmente, non del tutto compresi)
A nostro parere i ragionamenti che si
fanno in Italia sono inquinati dalla persistenza di miti e di frasi
fatte. Uno dei rimpianti legati all'avvento dell'euro è quello della
sopravvenuta impossibilità di mantenere il nostro export facendo
leva, come una volta accadeva, sulla svalutazione. Si dice: perchè
americani e giapponesi possono farlo e noi no? A nessuno viene in
mente che forse è l'imprenditoria italiana a non saper essere più
competitiva come una volta. Forse perchè ha sempre pensato ad
arrangiarsi e a speculare più che agli interessi veri del Paese la
tutela dei quali fosse oggetto dell'attività di una classe dirigente
politica in verità sempre più scadente perchè scarso oggetto delle
attenzioni e delle cautele (a parte le interferenze illecite e
l'assalto alla diligenza delle agevolazioni) degli imprenditori. Chi
è causa del suo mal, quindi, pianga se stesso.Grande responsabilità
è anche dei grossi sindacati, i quali hanno seguito a ruota, come
un ballo di coppia, la classe imprenditoriale, puntando non sullo
sviluppo della produttività ma sul perpetuarsi dei pascoli pubblici
per mantenere le proprie greggi. Poca lungimiranza quindi, anzi
miopia, nonostante il fiorire di centri studi di politica economica.
Ora forse è troppo tardi per scampare a un destino simil-greco
(nella sostanza anche se, probabilmente, nella forma, un po' più
soft...o ci saremo già dentro e non ce ne siamo accorti?)Perchè? Il
fiscal-compact è ormai realtà e le ganasce ce le siamo messe e
abbiamo lasciato che ce le mettessero. Gli impegni l'Italia li ha
mantenuti e dovrà mantenerli. Tutti i partiti (per scarso coraggio)
lo ammettono e anche chi si vuole un po' smarcare sappiamo già che
dopo, in Europa, chinerà la testa perchè le grandi potenze sanno
come utilizzare i loro strumenti per farsi rispettare. Non si esce da
un meccanismo da un giorno all'altro. Occorrerebbero grandi
personalità politiche che ragionassero su un orizzonte di
medio-lungo periodo. Questi pensano solo a mantenere il loro seggio
parlamentare il più possibile e a monetizzare quanto più si può.
Gli altri, i “nuovi” arrivati sulla scena politica avranno pure
tante buone intenzioni ma non sono oggettivamente e comprensibilmente
preparati a una attività così complessa.La classe imprenditoriale?
Anch'essa pensa agli affari suoi. Chi può trasferisce i propri
interessi fuori dall'Italia (quindi non solo la FIAT lo sta facendo
ma tutti gli altri).
Il secondo mito da sfatare è quello
della tutela dell'italianità. Ma quale? Quella del boom economico
degli anni '60? Bella, ma nei film. Quella delle grandi personalità
e dei cervelli? Ma le une e gli altri ormai non parlano più neppure
in italiano, se non nella pubblicità e nelle cerimonie di
premiazione. Infatti, li abbiamo indotti a scappare via, adottando un
sistema di istituzioni culturali universitarie e scolastiche quello
sì degno dei film di Totò o degli spettacoli di Pulcinella. O
l'italianità degli imprenditori che vanno a portare sfruttamento,
mazzette, malaffare all'estero? Con quelli lì l'italiano onesto non
ha nulla a che fare. Ma non è che per caso tutta questa passione per
l'italianità sia alimentata dai vertici di quelle aziende (Edison,
Bnl, Parmalat, Finmeccanica, Saipem, Alitalia,Telecom, Enel , Eni e
Fiat) che o già sono state comprate o stanno per esserlo dagli
stranieri? Ma perchè il lavoratore italiano dovrebbe preoccuparsi
della sorte di imprenditori e manager incapaci e guardare con timore
all'avvento di imprese e paesi diversi desiderosi di fare e non di
evadere, speculare, corrompere, licenziare? Quindi, spettabile
management di quelle aziende in via di acquisizione (e giornali
amici), lamentatevi pure ma non nel nostro nome di italiani. Voi
avete tradito l'Italia in nome del vostro portafoglio, voi con noi
non avete più nulla a che fare e non vi vogliamo più. O meglio,
aspettiamo di incontrarvi a fare il nostro stesso lavoro alla catena
di montaggio, negli uffici o a pranzare al nostro fianco alla mensa
aziendale.Vuoi vedere che grazie all'avvento degli stranieri
finalmente i vertici aziendali verranno scelti in base a criteri
meritocratici e non alla discendenza famigliare?
martedì 5 febbraio 2013
LIU HAIYAN : NUOVI IMPORTANTI INCARICHI IN AGL
La Prof.ssa Liu Haiyan, già , in passato, dirigente sindacale nazionale di altra
Confederazione, entra in AGL e va a ricoprire da oggi i seguenti importantissimi
incarichi:
* membro della Segreteria Generale della Confederazione AGL Alleanza Generale del Lavoro
* Segretario Generale della Federazione ALCTEM-AGL (Chimica, Tessile, Energia, Manifatture)
* Segretario Generale della Federazione ALAI-AGL (Agroindustria)
* Responsabile Nazionale Lavoratori Cinesi nell'ambito della ALEI-AGL (Emigrati e Immigrati)
Alla Prof.ssa Liu Haiyan formuliamo i migliori auguri di buon lavoro!
* membro della Segreteria Generale della Confederazione AGL Alleanza Generale del Lavoro
* Segretario Generale della Federazione ALCTEM-AGL (Chimica, Tessile, Energia, Manifatture)
* Segretario Generale della Federazione ALAI-AGL (Agroindustria)
* Responsabile Nazionale Lavoratori Cinesi nell'ambito della ALEI-AGL (Emigrati e Immigrati)
Alla Prof.ssa Liu Haiyan formuliamo i migliori auguri di buon lavoro!
giovedì 3 gennaio 2013
FOTOVOLTAICO: ECCO COME OTTENERE GLI INCENTIVI
Fotovoltaico: ecco come ottenere gli incentivi
L'attenzione all'ambiente richiesta anche dai trattati internazionali ha portato i governi che si sono succeduti negli ultimi anni a incentivare l'installazione di impianti fotovoltaici, questi vengono di anno in anno rinnovati e purtroppo ...
Fonte: Studiocataldi.it
Url: http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_12934.asp
L'attenzione all'ambiente richiesta anche dai trattati internazionali ha portato i governi che si sono succeduti negli ultimi anni a incentivare l'installazione di impianti fotovoltaici, questi vengono di anno in anno rinnovati e purtroppo ...
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